WELCOME TO THE POST-ANALOG CONDITION*

a cura di Orizzontale

Jaime Lerner, città di Curitiba, Brasile

— 03 May, 2020 —
Progetti

- i protagonisti del mondo del design rintracciano nel passato un progetto attraverso cui guardare il presente -

Curitiba, Francisco Anzola, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons
Curitiba, Francisco Anzola, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Orizzontale è un collettivo di architetti con base a Roma - Jacopo Ammendola, Juan Lopez Cano, Giuseppe Grant, Margherita Manfra, Nasrin Mohiti Asli, Roberto Pantaleoni, Stefano Ragazzo - il cui lavoro attraversa architettura, paesaggio, arte pubblica e autocostruzione, promuovendo progetti di spazi pubblici relazionali, dando forma ad immagini di città dismesse o inedite.

«Il distanziamento fisico richiesto dall’esigenza di evitare i contagi avrà un impatto enorme nel modo di vivere la città nei prossimi mesi e forse anni. A partire da questa constatazione si possono intravedere due possibili linee di sviluppo. La prima è quella che vede un progressivo aumento delle distanze mediante l’invenzione e il perfezionamento di nuove modalità di separazione e segregazione. Questo ci porterà all’esasperazione di dinamiche cha abbiamo visto emergere negli ultimi decenni: creazione di gated communities, reclusioni di massa, abbandono degli spazi pubblici, progressiva segregazione delle classi sociali.


L’alternativa a questo scenario consiste nel rispondere alla fame di spazio con un proporzionale aumento di disponibilità. In che modo? Riconoscendo e disattivando tutti i meccanismi e le consuetudini che ostacolano l’uso degli spazi esistenti. Le nostre città sono disseminate di spazi che sono quasi sempre vuoti, e questo perché li associamo ad un’unica attività o all’uso esclusivo di alcuni. Parchi che vengono aperti due volte l’anno, giardini scolastici usati solo due ore la mattina, riserve di natura inaccessibili, come gli argini di molti fiumi.


A questi due possibili sviluppi corrispondono secondo noi due idee di intendere il lavoro del designer. La prima è quella di un tecnico che, muovendosi all’interno di un paradigma, immagina congegni e apparecchiature che facciano funzionare la grande macchina in modo più fluido. L’altra è quella di un esperto di processi che utilizza le sue conoscenze per individuare soluzioni inedite, proporre sinergie e disattivare le abitudini, che impediscono di usare al meglio le risorse che abbiamo. Sappiamo bene che i paradisi non esistono — e comunque difficilmente avrebbero natura urbana — ma in questo momento di transizione ci piace prendere a modello due processi nei quali è evidente la capacità di guardare oltre lo steccato.


Il primo è la politica di riconversione e di sostenibilità metropolitana portata avanti da Jaime Lerner a Cuturiba, in Brasile, per creare un’alternativa concreta alla città segregata che si stava imponendo come modello nell’America del Sud. Lavorando tra gli anni sessanta e gli anni novanta, dapprima come designer e poi come amministratore e politico, Lerner fu tra i primi nel mondo a ostacolare il traffico automobilistico, a promuovere la raccolta differenziata, a creare un sistema di trasporto pubblico completamente democratico e a ricercare sistematicamente sinergie tra esigenze tecniche e esigenze dei cittadini — ad esempio creando grandi parchi nelle casse di espansione dei fiumi.


Il secondo processo che vogliamo ricordare è il progetto di metamorfosi culturale e sociale, ideato e condotto metodicamente dallo psichiatra italiano Franco Basaglia tra il 1961 e il 1978. La sua iniziativa, come è noto, ha portato alla chiusura degli ospedali psichiatrici, e soprattutto al superamento dell’idea che l’unico modo per gestire la malattia mentale fosse la segregazione. La storia di Basaglia ci sprona a cercare sempre altre strade, anche quando sembra impossibile, al di là dell’isolamento, della separazione, della reclusione.»


- Orizzontale

Franco Basaglia, via Rai Scuola
Franco Basaglia, via Rai Scuola