- i protagonisti del mondo del design rintracciano nei libri degli spunti attraverso cui guardare il presente -

Tommaso Bovo, editorialista di Frizzi Frizzi, nasce a Venezia ma vive e lavora a Firenze. Si occupa di critica del design, grafica e new media, collabora con diverse aziende e studi di grafica, insegna presso lo IED e scrive anche per Domus e Klat Magazine.
«La prima volta che incontrai Enzo Mari fu durante una lezione di progettazione: parlò per tre ore di comunismo. Ancora oggi, per Mari, con il termine “design” si intende una disciplina umanistica figlia diretta dell'etica e sorella dell'ideologia; e se per qualcuno questa parola può risultare dispregiativa, beh, per Mari non lo è di certo, anzi: l'ideologia è l'ossatura stessa del progetto, la strada maestra per cercare un senso.
Non si progetta solo in funzione di un bisogno, non basta che una parte della società chieda di rispondere a delle esigenze per legittimare un progetto. Il designer ha un ruolo politico, ogni sua azione, ogni suo progetto pone questioni morali con il resto della società e con sé stessi. Mari ad esempio scrive: “ci sono e ci sono stati progetti dell'altro mondo: qualcuno ha progettato negli anni Trenta dei forni crematori in Germania; su questo terribile tema, sono stati allora pubblicati manuali molto dettagliati. I forni crematori furono chiesti da una parte sociale: era legittimo progettarli o non era legittimo?”.
Per Mari progettare non è mai stata un'attività neutrale, progettare vuol dire schierarsi, prendere posizione, avere una certa idea di mondo e perseguirla. Il designer è un militante, in caso contrario è mero produttore di forme, disperato e ossessivo realizzatore del “diverso per il diverso”, produttore di oggetti senza senso perché figli di una falsa idea estetica: il progetto trova senso solo se si fonda su valori etici. “Una forma è buona se è. Una forma è cattiva se sembra”.
L'intransigenza e il radicalismo di Mari sono certamente figli del Novecento, di quel secolo fatto di ideologie forti e logica razionalista. Proprio per questo è fortemente critico nei confronti dell'attuale società liquida, oggi produttrice di oggetti usa e getta, velocemente sostituibili e figli più della moda e dell'economia che di un pensiero o di una visione.
Insomma il design ha bisogno di trovare significato attraverso un pensiero, e oggi, “chi dice che le ideologie sono morte non fa altro che professare l'ideologia della morte”.»

